La Commissione europea sollecita le grandi piattaforme digitali TikTok e Meta a rispondere sulla gestione delle fake news legata ai conflitti.
L’epicentro delle tensioni nel Medio Oriente non si limita solo ai territori fisici: l’eco di tale scontro, infatti, ha trovato un ampio spazio di risonanza nel vasto universo dei social network. Questo ha portato a un’ondata di disinformazione, violenza e odio mai vista prima, alimentando ulteriormente le tensioni e le divisioni tra gli utenti.
Di fronte a questa escalation, la Commissione europea ha deciso di intervenire con decisione. Meta, la società dietro i giganti come Facebook e Instagram, e TikTok, sono stati formalmente chiamati a rendere conto delle misure adottate per contrastare il dilagare della disinformazione. Questo provvedimento non è un fulmine a ciel sereno: già la settimana precedente un richiamo simile era stato recapitato al management di X.
Il fulcro della richiesta ruota attorno a due concetti fondamentali: chiarezza e trasparenza. Le aziende, in conformità al Digital Services Act, devono assicurare che i contenuti condivisi dai loro utenti siano accuratamente moderati, evitando la diffusione di messaggi di odio o di fake news. Viene richiesta una chiara demarcazione tra ciò che è permesso condividere e ciò che invece va categoricamente escluso. Inoltre, qualora venissero identificati contenuti illegali, l’azione da intraprendere deve essere pronta e risolutiva.
Meta e TikTok hanno tempo fino al 25 ottobre per rispondere alle richieste della Commissione. Dopo tale data, sarà lo stesso organo europeo a valutare le informazioni ricevute e decidere i prossimi passi da seguire. Le piattaforme sono avvisate: eventuali mancanze potrebbero tradursi in pesanti sanzioni. Il Digital Services Act, infatti, prevede multe che possono toccare il 6% del fatturato annuo globale per le grandi piattaforme online, una categoria in cui sicuramente rientrano Facebook, Instagram e TikTok.
A margine di questo scenario, risulta essenziale menzionare l’intervento del commissario europeo, Thierry Breton. Egli aveva precedentemente manifestato i suoi dubbi sul comportamento di TikTok, indirizzando una lettera al CEO, Shou Zi Chew. Breton sottolineava le preoccupazioni sulla possibilità che TikTok fosse utilizzata come veicolo di disinformazione all’interno dell’Unione europea. La risposta dell’azienda era stata tempestiva, con la rimozione di oltre 500 mila video e l’interruzione di 8 mila streaming live legati alla zona di conflitto. Tuttavia, la richiesta della Commissione segna un ulteriore passo verso la richiesta di una trasparenza e responsabilità sempre maggiore da parte delle grandi aziende digitali.