Il recente cambiamento di regole interne di Ubisoft pone le questioni cruciali di diritti dei consumatori e conservazione dei giochi in un’epoca digitale.
Dicembre 2021 ha segnato un momento di sconcerto per molti utenti della piattaforma di giochi Ubisoft Connect. Un utente ha segnalato la cancellazione del proprio account dopo circa un anno di inattività, perdendo l’accesso a tutti i giochi acquistati sulla piattaforma. Questo evento è avvenuto nonostante le dichiarazioni precedenti di Ubisoft, secondo le quali gli account inattivi per 4 anni sarebbero stati disattivati, ma mai quelli con acquisti.
Ubisoft sembra aver rivisto le sue regole interne. Gli utenti su Twitter hanno segnalato di aver ricevuto un’email da Ubisoft, avvertendo che, se non avessero cliccato su un link fornito, il loro account, compresi tutti i giochi acquistati, sarebbe diventato inaccessibile dopo un certo periodo.
Il gigante tecnologico francese ha risposto attraverso il proprio supporto Twitter, confermando l’avviso di chiusura dell’account e la sua prevenzione attraverso un accesso all’account e la selezione del link “Annulla chiusura account” entro 30 giorni dalla ricezione dell’email.
In passato, Ubisoft ha motivato le sue azioni affermando che le normative sulla protezione dei dati, come il GDPR, la obbligano a chiudere gli account inattivi per rispettare la legislazione locale. Questa affermazione si applica solamente se l’azienda ha forti ragioni per credere che l’account in questione rimarrà inutilizzato.
Questo episodio mette in luce i problemi derivanti dal Digital Rights Management (DRM) e dal gioco digitale. In un’epoca in cui la maggior parte dei titoli di gioco sono disponibili esclusivamente in formato digitale, è l’azienda a decidere quando o come chiudere un account, lasciando poche scelte ai consumatori.
La stessa email ha evidenziato la problematica legata alla conservazione dei giochi: se un editore come Ubisoft decide di ritirare dalla vendita una serie di titoli esclusivamente digitali, possedere questi titoli sul proprio account digitale non è una garanzia di conservazione. La veloce chiusura degli account può portare alla perdita di titoli acquistati e alla fine, all’impotenza del consumatore.
Questo caso riapre il dibattito sui diritti dei consumatori in un’era sempre più digitale. Si pone quindi la questione: in un mondo dove il possesso fisico di un prodotto viene sempre più sostituito da licenze digitali, come possono i consumatori essere tutelati? Queste problematiche, insieme alla sfida di trovare un equilibrio tra privacy, protezione dei dati e diritti dei consumatori, costituiscono le nuove frontiere del diritto dei consumatori nell’era digitale.