Il blocco di Telegram in Spagna è stato sospeso. Un giudice ha ordinato un’indagine sull’impatto del divieto dopo le proteste degli utenti e le critiche sulla libertà di parola.
In una svolta inaspettata, l’Alta Corte di Giustizia spagnola ha sospeso la propria ordinanza che imponeva il blocco dei servizi dell’app di messaggistica Telegram nel Paese. La decisione iniziale, presa dal giudice Santiago Pedraz, era stata vista come un tentativo di combattere la pirateria digitale, ma ha sollevato immediatamente polemiche per il suo potenziale impatto sulla libertà di espressione.
Il blocco temporaneo, annunciato venerdì, mirava a contrastare la diffusione non autorizzata di contenuti televisivi e video tramite Telegram. Tuttavia, il giudice Pedraz ha ora messo in pausa questa misura e ha ordinato un rapporto di polizia per valutare l’effettivo impatto che il divieto avrebbe sugli utenti spagnoli, stimati in circa otto milioni.
Telegram, vista da molti come un’alternativa più sicura a WhatsApp, si trova ora al centro di un dibattito nazionale sulla libertà di parola e la regolamentazione dei contenuti digitali. La decisione di sospendere il divieto è stata accolta con soddisfazione da varie parti interessate, tra cui l’associazione dei consumatori spagnoli FACUA, che ha criticato l’ordinanza originale come sproporzionata.
La polemica si inserisce in un contesto più ampio di scrutinio regolatorio dell’Unione Europea nei confronti delle grandi aziende tecnologiche. Con una serie di nuove norme che vanno dalla concorrenza al copyright, gli Stati membri dell’UE stanno acquisendo strumenti più potenti per sfidare le pratiche di queste compagnie.
Non è la prima volta che le autorità europee agiscono contro le Big Tech per questioni legate alla privacy e al diritto d’autore. Ad esempio, l’autorità spagnola per la privacy ha recentemente vietato Worldcoin, un’impresa di scansione oculare collegata al fondatore di OpenAI Sam Altman, mentre la Francia ha multato Google per la visualizzazione non autorizzata di contenuti multimediali.
Il caso di Telegram, lanciato nel 2013 da Pavel Durov, mette in luce la difficile bilancia tra libertà di espressione e controllo dei contenuti nocivi. Sebbene l’app si sia guadagnata una reputazione per offrire maggior libertà rispetto ai suoi concorrenti, questa stessa caratteristica l’ha resa un terreno fertile per attività illecite.