Meta ha pagato per anni un appaltatore per scraping di dati da altri siti web, pur condannando pubblicamente questa pratica e citando in giudizio le aziende che estraevano dati dalle sue piattaforme di social media.
Meta ha sempre combattuto gli scraper di dati, ma ha anche partecipato a questa pratica, anche se non necessariamente per le stesse ragioni. Bloomberg ha ottenuto i documenti legali di una causa intentata da Meta contro un ex appaltatore, Bright Data, che indicano che il proprietario di Facebook pagava il suo partner per effettuare lo scraping di altri siti web. Il portavoce di Meta, Andy Stone, ha confermato la relazione in una discussione con Bloomberg, ma ha detto che la sua azienda utilizzava Bright Data per costruire profili di brand, individuare siti “dannosi” e catturare campagne di phishing, non per colpire i concorrenti.
Stone ha aggiunto che lo scraping dei dati può servire per “scopi commerciali e di integrità legittimi”, a patto che sia fatto in modo legale e che rispetti i termini di servizio dei siti. Meta ha interrotto il suo accordo con Bright Data dopo che l’appaltatore aveva presumibilmente violato i termini aziendali durante la raccolta e la vendita di dati da Facebook e Instagram. Né Bright Data né Meta hanno dichiarato quali siti abbiano effettuato lo scraping. Bright Data sta facendo causa a Meta nel tentativo di continuare a fare lo scraping di Facebook e Instagram, sostenendo che raccoglie solo informazioni disponibili al pubblico e rispetta le normative dell’Unione Europea e degli Stati Uniti.
Meta ha passato anni a citare in giudizio individui e aziende per aver effettuato lo scraping delle sue piattaforme senza autorizzazione. In alcuni casi, ha accusato le aziende di mascherare le loro attività e di accedere a dati sensibili che richiedono il login. L’anno scorso, ad esempio, Meta ha citato in giudizio Octopus per uno strumento che, secondo quanto riferito, raccoglieva i login e prelevava informazioni private come date di nascita e numeri di telefono. Tuttavia, la rivelazione di Bright Data non è di buon auspicio per un’azienda che ha affrontato numerose accuse di violazione della privacy, tra cui alcune relative agli scraper.
Ricordiamo che lo scorso autunno l’UE ha inflitto a Meta una multa di 265 milioni di euro per aver presumibilmente omesso di proteggere gli utenti di Facebook dallo scraping che ha catturato ed esposto informazioni private. Quest’ultimo caso non è destinato a creare ulteriori problemi, ma di certo non aiuterà la difesa di Meta.