La tecnologia cambia lavoro e vita. L’intelligenza artificiale porta opportunità e rischi, tra profitto, adattamento e necessità di regolamentazione.
Il mondo come lo conosciamo oggi ha attraversato ciclicamente delle fasi di innovazione che, inevitabilmente, hanno portato a modifiche strutturali del modo di lavorare e di vivere. L’invenzione e la diffusione del treno hanno permesso di spostarsi più rapidamente; in piena rivoluzione industriale, l’introduzione dei macchinari ha consentito agli imprenditori di produrre di più, più in fretta e ad un minor costo (prevalentemente il costo del lavoro). Contemporaneamente, dall’altra parte, c’era chi perdeva il proprio lavoro o ne vedeva sminuito il valore (anche monetario): due macchinisti ferrovieri prendevano il posto di cento cocchieri, dieci donne alla macchina da cucire automatizzata si sostituivano a cento donne al telaio a mano, … e così via!
Bene, oggi ci ritroviamo nella stessa situazione di due secoli fa e, di fronte all’irrompere dell’Intelligenza Artificiale, sembra che non si sia fatto tesoro di quanto la storia ci ha insegnato.
Le aziende puntano al profitto: adottano l’IA quanto più possibile e si sbarazzano della “manodopera superflua”; i lavoratori faticano ad adattare le proprie competenze per far fronte alle nuove esigenze del mercato; i governi cercano di colmare i vuoti legislativi sull’integrazione dell’IA, ma lo fanno quasi sempre in ritardo e in maniera incompleta.
La relazione tra lavoro e Intelligenza Artificiale
Il dibattito sull’IA è esploso su giornali, riviste, social media, siti e telegiornali solo nell’ultimo anno, ma gli specialisti del settore sanno bene che è da vent’anni che l’Intelligenza artificiale si è insinuata gradualmente nelle nostre vite. Il tema, ora, riguarda una platea molto più vasta proprio perché il fenomeno, in virtù della sua crescente amplificazione, è indissolubilmente intersecato con il mondo del lavoro.
Ma ciò che maggiormente deve preoccupare è l’incognita cui siamo posti di fronte: se è innegabile che la diffusione dell’IA si ripercuoterà sull’economia globale, è altrettanto vero che le previsioni su come questo potrà avvenire sono ancora molto vaghe e stentano a trovare una direzione comune.
L’IA porterà solo vantaggi? L’IA porterà solo svantaggi? Se l’intento è quello di massimizzare i vantaggi che l’intelligenza artificiale potrà portare nelle nostre vite, il dibattito merita molto di più di una visione semplicemente dicotomica sulle conseguenze del fenomeno.
I dati sull’esposizione all’IA
Parlando di IA e lavoro, c’è un termine ricorrente, utilizzato per la prima volta in un rapporto del 2023 del Pew Research Center: esposizione.
Un lavoro ha un’elevata esposizione all’IA se è alto il rischio, per il ruolo in questione, di essere assorbito o integrato dall’IA; e viceversa. Un ruolo, in un ufficio, in una fabbrica o in un qualsiasi altro luogo di lavoro, si compone di diverse funzioni: più è elevato il numero di funzioni potenzialmente sostituibili da un’intelligenza artificiale e maggiore è l’esposizione del ruolo stesso.
Secondo i ricercatori, l’IA avrà più facilità di integrarsi laddove vi siano dati o informazioni da analizzare o da acquisire: servizi professionali, scientifici e tecnici potrebbero vedere entro il 2030 una riduzione di oltre il 50% degli effettivi “umani”; idem per i ruoli a contatto con i clienti e con funzioni ripetitive: cassieri, agenti di servizio e venditori.
Ma anche laddove l’elemento della creatività umana sembrerebbe essere prioritario, ChatGPT e gli altri motori di intelligenza artificiale potrebbero sostituirsi (in parte lo stanno già facendo) a uomini e donne: la creazione di contenuti e l’analisi dei dati. Secondo il sito web d’informazione statunitense Business Insider, le funzioni più esposte sono quelle di analisti dati, ingegneri del software, sviluppatori web, assistenti alla clientela, grafici pubblicitari, giornalisti e scrittori, consulenti e analisti finanziari, analisti di bilancio, impiegati e receptionist.
Sono stati intervistati 2.700 ricercatori di IA: secondo loro, vi è una probabilità su due che l’intelligenza artificiale superi entro il 2047 gli esseri umani in qualunque compito; il rischio più temuto dagli esperti è l’uso dell’IA per la manipolazione dell’opinione pubblica e per campagne di disinformazione su larga scala (con la tecnologia deepfake avanzata).
Alcune attività, però, resteranno sempre una prerogativa dell’uomo, soprattutto quando vi sono in ballo divertimenti o passatempi, come le puntate sugli eventi sportivi nei bookmakers non AAMS più sicuri sul mercato.
L’analisi del Fondo Monetario Internazionale e l’indice di “preparazione”
Secondo gli studi effettuati dal Fondo Monetario Internazionale, tra i paesi con economie avanzate, la quota globale di lavori che sarà coinvolta dagli stravolgimenti dovuti all’adozione nelle imprese dell’IA è di circa il 60%; la metà di questi ruoli ne trarrà prevalentemente vantaggi (l’automazione di compiti ripetitivi, ad esempio); l’altra metà, però, ne sarà coinvolta solo in senso negativo: licenziamenti, salari più bassi e riduzione delle nuove assunzioni.
Diverso è, invece, l’impatto nei mercati emergenti (coinvolgimento del 40% dei posti di lavoro) e nei paesi a basso reddito (26%), ma nemmeno queste sono buone notizie: laddove le economie sono meno sviluppate, non vi sono né le infrastrutture adeguate (reti internet, ad esempio), né la forza lavoro qualificata per sfruttare i benefici dell’IA; significa sul medio lungo periodo, le disuguaglianze tra le nazioni aumenteranno.
Lo stesso scenario potrebbe presentarsi all’interno dei paesi occidentali e ricchi dove l’IA colpisce in maniera più marcata il mercato del lavoro: è elevato il rischio che l’IA vada ad avvantaggiare i redditi già elevati (perché i loro ruoli sono quelli che traggono vantaggi dall’IA, senza rischiare la sopravvivenza), esacerbando così le differenze con i lavoratori retribuiti in misura minore (e a maggiore rischio di scomparsa a seguito della diffusione dell’IA).
Questo scenario è quello più probabile se non si sarà in grado nei prossimi mesi e nei prossimi anni di regolamentare lo sviluppo tecnologico affinché non alimenti le differenze di reddito e le conseguenti tensioni sociali.
I paesi sono pronti ad affrontare l’IA? Il FMI ha sviluppato un indice per misurare la preparazione di 174 paesi ad integrare in modo costruttivo e non penalizzante l’IA in quattro aree: infrastrutture digitali, politiche del mercato del lavoro e del capitale umano, innovazione e integrazione economica, regolamentazione ed etica.
Secondo l’AI Preparedness Index, allo stato attuale, solamente Singapore, Stati Uniti e Danimarca sono all’altezza della situazione.