Dall’inizio del XXI secolo il ruolo dell’immagine è diventato sempre più importante nelle nostre culture e nelle nostre società, tanto da influenzare anche il nostro modo di comunicare e approcciarci al mondo. Non è un caso infatti che “parlare per immagini” sia uno dei metodi più semplici e diretti per interagire con l’altro, e che oggi si utilizzino sempre più emoji, i social network registrino sempre più iscrizioni e le chat esplodano di video.
A confermarlo è anche l’ultimo sondaggio condotto dal brand di telefonia franco-cinese Wiko, all’interno della sua Instagram Community. Secondo l’86% dei partecipanti, nel 2021 per raccontarci abbiamo ancora bisogno di immagini e video. Ma a vincere sono le prime visto che il 76% degli utenticoinvolti preferisce postare solo immagini rispetto a stories e video con musica o dialoghi.
La supremazia del senso della vista sembra però avere, per certi versi, i giorni contati. Stiamo infatti assistendo a un ritorno o all’arrivo – a seconda dei punti di vista – di format in cui sono protagonisti la voce e i contenuti vocali tra i nuovi social e mezzi di comunicazione. Il 42% degli intervistati afferma, infatti, che la voce ha più potere dell’immagine. E la propensione a questo tipo di mezzo non è un semplice ed effimero trend del momento, bensì un fenomeno che lascerà il segno (60%) ridisegnando il nostro modo di produrre e fruire contenuti, per raccontarci così come per informarci, sia attivamente che passivamente. Una trasformazione cross-generazionale che coinvolgerà, secondo il 67% dei partecipanti alla survey di Wiko, la GenZ tanto quanto i Baby Boomer.
Ad ulteriore vantaggio della voce, rispetto all’immagine, c’è il suo potere inclusivo. L’ascolto non preclude il filtro dell’occhio: è più scevro da pregiudizi, canoni e stereotipi estetici. Si ascolta – senza alcun filtro – solo ciò che interessa e incuriosisce, con un giudizio che ricade sulla qualità e sostanza del contenuto e non sulla sua “forma”. Motivo per cui, per il 66% degli utenti coinvolti da Wiko, è vero che comunicare e socializzare con la voce è effettivamente più inclusivo.
Complice di questa rivoluzione in sordina sono la nascita e diffusione dei podcast e dei nuovi social in cui la voce è l’unica protagonista delle “stanze”.
Parlando nello specifico di podcast, il 35% dei partecipanti al sondaggio afferma di ascoltarli regolarmente, con una preferenza verso i contenuti di intrattenimento (55%) rispetto a quelli di carattere informativo. E quanto a fidelizzazione il 51% ha già i propri canali “preferiti”, mentre l’accesso a questi contenuti è perlopiù da smartphone (69%). Infine, non c’è dubbio che i podcast siano uno strumento ideale per dare voce a tutti, democraticamente, lo sostiene infatti l’80% dei rispondenti.
Quale sarà il prossimo senso con cui comunicare?