La produzione dei chip Huawei Kirin 9000s nel bel mezzo delle restrizioni commerciali impone un interrogativo pressante: dove è stata effettivamente realizzata la produzione di questi avanzati componenti elettronici? Il gioco di potere tecnologico si snoda tra sospetti, leakers e tensioni politico-commerciali.
In un clima internazionale già saturo di tensioni tecnologiche e commerciali, il recente lancio del chip Huawei Kirin 9000s abilitato al 5G insieme al modello di smartphone Mate 60 Pro, si inerpica tra i meandri di un potenziale scandalo che potrebbe riverberare ulteriori scosse nel delicato equilibrio del mercato tech mondiale.
Il contesto ci porta dritti nel cuore della questione: il governo degli Stati Uniti ha imposto una serie di restrizioni commerciali a Huawei, limitando le sue possibilità di approvvigionamento di chip da colossi come Samsung o TSMC. La soluzione sembrava essere stata trovata collaborando con SMIC, una mossa che ha acceso diversi interrogativi e speculazioni, data la presunta limitazione tecnologica di quest’ultima nel produrre chip di nuova generazione.
Ecco che il post del leaker RGcloudS insinua una verità diversa, svelando l’indizio di un rebranding e una possibile azione di accumulo strategico da parte di Huawei. Le immagini del teardown del Mate 60 Pro rivelerebbero infatti un dettaglio fondamentale: il timbro di data del Kirin 9000s indica la 35esima settimana del 2020 come periodo di produzione. Questo getta ombre sulla produzione da parte di SMIC, paventando la possibilità che il chip sia una versione rinominata del Kirin 9000 a 5 nm, originalmente prodotto da TSMC tre anni fa.
Se questo fosse vero, non solo avremmo un chiaro esempio di violazione delle sanzioni da parte di SMIC, ma anche una revisione della percezione della capacità produttiva dell’azienda cinese. ASML, un’azienda olandese, è l’unico produttore delle macchine EUV necessarie per il processo produttivo del 7 nm. Ergo, la produzione indigena cinese del Kirin 9000s solleva inevitabilmente numerosi interrogativi.
Le affermazioni dell’insider proseguono, ventilando che Huawei possa aver accumulato fino a 142 milioni di unità di chipset Kirin 9000E e Kirin 9000 5G in soli tre mesi, un dato che suggerisce un’operazione calcolata e strategicamente premeditata.
Queste speculazioni, se confermate, possono innescare un terremoto nel settore tecnologico, mettendo a nudo un’operazione di salvataggio dell’azienda cinese, che nonostante le pesanti restrizioni avrebbe trovato il modo di perseverare nella produzione di dispositivi all’avanguardia. È fondamentale, tuttavia, procedere con cautela: RGcloudS non vanta un track record consolidato in materia di leak e, pertanto, le sue affermazioni devono essere accettate con il dovuto scetticismo fino a quando ulteriori conferme o smentite non verranno portate alla luce.
Rimane il fatto che la tecnologia e la geopolitica continuano a intrecciare i loro fili in una trama sempre più complessa e interconnessa, dove le mosse di ogni singolo player si ripercuotono sull’intero scacchiere internazionale.