Ben nota alla comunità LGBTQIA+, l’app di incontri gay “Grindr” è stata multata dal governo norvegese l’anno scorso per oltre 13 milioni di euro per aver condiviso illegalmente le informazioni private degli utenti con gli inserzionisti, inclusi i dati sullo smartphone e la posizione stimata del dispositivo.
Oltre a questo enorme scandalo legato alla privacy, un recente articolo pubblicato dal Wall Street Journal ha rivelato che i dati degli utenti del social network sono in vendita su Internet da anni. La denuncia riporta alla luce il rapporto che l’azienda ha con i suoi inserzionisti, privilegiando la monetizzazione rispetto ai suoi consumatori.
Secondo fonti intervistate dal quotidiano, le informazioni sugli utenti sono disponibili per l’acquisto da parte degli inserzionisti dal 2017. Apparentemente, il contenuto non è trapelato o distribuito in strati più profondi di Internet, ma era a disposizione delle aziende per personalizzare gli annunci.
Secondo le informazioni, i dati personali degli utenti come nome, cognome, data di nascita e indirizzo e-mail non sono stati divulgati dallo sviluppatore, ma dati GPS e altro potrebbero essere utilizzati per triangolare la posizione di due persone e ipotizzare possibili incontri o identificare i luoghi di lavoro.
In una dichiarazione, Grindr ha ribadito che dal 2020 sta lavorando per ridurre la quantità di informazioni condivise dall’azienda con i suoi inserzionisti, un’azione con un impatto diretto sulle entrate dell’azienda a causa della diminuzione del numero di tracker nell’applicazione.
Nonostante la dichiarazione, la società non ha confermato le accuse del WSJ e ribadisce che le nuove politiche sulla privacy impediscono che queste pratiche di vendita di dati si verifichino.
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