La pirateria online è un problema. Google supera 10 miliardi di URL rimossi grazie alle richieste DMCA. Leggi di più sulla battaglia contro la pirateria.

Nel 1998, con l’adozione del Digital Millennium Copyright Act (DMCA), la legislazione statunitense ha messo nelle mani dei titolari dei diritti un’arma potente contro la pirateria online: le richieste DMCA. Le richieste permettono di rimuovere contenuti che violano il diritto d’autore dalle piattaforme web, come Google, YouTube e Meta.

Le richieste DMCA rappresentano ancora oggi il principale strumento utilizzato dai titolari dei diritti per proteggere le loro opere online. Il numero di richieste continua a crescere di anno in anno, e i dati forniti da Google nel suo ultimo rapporto sulla trasparenza ne sono la prova. L’azienda di Mountain View ha trattato oltre 10 miliardi di URL per richieste di rimozione. Il rapporto non è un modo per vantarsi, ma un’occasione per fare un bilancio degli sforzi degli ultimi anni nella lotta alla pirateria.

Secondo i colleghi del sito Torrent Freak, il percorso per arrivare a 10 miliardi di richieste non è stato privo di ostacoli. All’inizio, quando Google ha iniziato a condividere i dettagli delle richieste DMCA, il numero era di appena qualche milione. Il traguardo del primo miliardo è stato raggiunto nel 2016. Successivamente, la curva ha continuato a salire fino al 2017, quando si è verificato un rallentamento dovuto all’introduzione degli algoritmi antipirateria da parte di Google. Gli algoritmi hanno ridotto la visibilità dei contenuti pirata, rendendoli più difficili da trovare e portando così a una diminuzione delle richieste.

Negli ultimi anni, però, il numero di richieste DMCA è tornato a crescere, raggiungendo il livello record di 7 miliardi nell’estate del 2024 e ora arrivando a 10 miliardi. Attualmente, Google elabora circa 2,5 miliardi di richieste all’anno, ovvero 50 milioni a settimana e 5.000 al minuto. Questi numeri evidenziano l’intensità della battaglia contro la pirateria digitale.

Il rapporto di Google rivela anche un cambiamento nei siti presi di mira. Inizialmente, i siti torrent come The Pirate Bay erano il bersaglio principale. Con il tempo, però, i servizi di file hosting e le piattaforme di streaming pirata sono diventati i nuovi obiettivi, poiché rappresentano una buona percentuale dei contenuti pirata indicizzati.

Nel 2013, le case discografiche rappresentavano oltre il 40% delle richieste DMCA, seguite dall’industria dell’intrattenimento per adulti e dagli studi cinematografici e televisivi. All’epoca, il settore editoriale aveva un ruolo marginale, rappresentando meno del 5% delle richieste. Oggi, con la crescita della pirateria digitale dei libri su piattaforme come Z-Library e Anna’s Archive, gli editori sono diventati molto più attivi, arrivando a rappresentare il 25% delle richieste DMCA.

Gli editori hanno trovato un valido alleato nella loro lotta contro la pirateria: Link-Buster, un’organizzazione con sede ad Amsterdam che ha segnalato a Google oltre un miliardo di link pirata. La pirateria non conosce più confini e ha esteso la sua influenza anche al settore editoriale, dimostrando di essere un fenomeno trasversale.

Articolo precedenteXiaomi Smart Band 9 Active ufficiale: prezzo e specifiche
Articolo successivoTIM aumenta le tariffe di 1,99 euro: ecco cosa cambia

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui