Giovedì 19 maggio Ken Paxton, il procuratore generale del Texas, negli Stati Uniti, ha nuovamente accusato Alphabet, la società proprietaria di Google, di rendere le impostazioni sulla privacy del suo ecosistema “troppo confuse” e di rendere difficile da comprendere per gli utenti quali informazioni personali stanno condividendo.
Google è stata accusata di raccogliere dati sugli utenti durante la navigazione in incognito di Chrome. Questa modalità di utilizzo promette di non tracciare la cronologia e la geolocalizzazione dell’utente, ma secondo il testo della causa, la società “raccoglie fraudolentemente dati personali”.
Un portavoce di Google ha risposto alle accuse, ribattendo che la causa di Paxton “si basa su affermazioni imprecise ed obsolete sulle nostre impostazioni“, osservando che la società ha sempre assicurato il pieno controllo dei dati dei suoi utenti. “Rifiutiamo categoricamente le accuse e difenderemo la nostra posizione“.
Nel gennaio di quest’anno era stata avviata una causa, presentata dagli stati del Texas, dell’Indiana, di Washington e del Distretto di Columbia. La causa voleva portare luce sulle pratiche di tracciamento della geolocalizzazione degli utenti di Google. All’epoca, le accuse erano che le impostazioni sulla privacy del sistema non fossero chiare.
Questa comunque non è la prima volta che vengono sollevate domande sulla navigazione in incognito di Google Chrome. Nel giugno 2020, Alphabet aveva già affrontato una causa nello stato della California per aver presumibilmente tracciato il comportamento degli utenti in “modalità privata” per inviare annunci personalizzati.