Google prepara una nuova linea di difesa. Un’API in lavorazione potrebbe limitare i dispositivi Android modificati dall’accesso a contenuti protetti, una mossa che polarizza l’opinione pubblica tra sicurezza e libertà.
Mountain View è di nuovo sotto i riflettori con l’annuncio di un progetto che potrebbe restringere l’accesso ai contenuti multimediali: la nuova API sviluppata da Google è progettata per mettere un freno alla riproduzione di film, serie TV e musica su dispositivi che presentano modifiche come permessi di root o bootloader sbloccati. Questa iniziativa si inserisce in un quadro più ampio di controllo sui dispositivi autorizzati a fruire di contenuti in streaming, una strategia che la compagnia persegue per incrementare la protezione dei diritti digitali.
Questa non è la prima volta che Google esplora il terreno della sicurezza dei dispositivi. La compagnia aveva già proposto la “Web Integrity API”, un sistema pensato per rilevare manipolazioni nei dispositivi. Il progetto si era però scontrato con l’opposizione degli utenti, preoccupati che tale tecnologia potesse etichettare come “manomessi” dispositivi semplicemente “personalizzati”. Di fronte al feedback negativo, Google decise di fare marcia indietro.
Tuttavia, l’idea non è stata abbandonata. Google sta lavorando alla “Android WebView Media Integrity API”, un’iniziativa meno invasiva che opererebbe esclusivamente attraverso WebView, lo strumento utilizzato dagli sviluppatori per mostrare contenuti web all’interno delle app Android. La direzione che prenderà questa API è ancora avvolta nel mistero, con decisioni cruciali sul suo comportamento predefinito e sulla possibilità per i siti web di decidere autonomamente di bloccare i dispositivi modificati.
La sicurezza è il cavallo di battaglia di Google: la società sostiene che, vista la vulnerabilità di WebView agli attacchi informatici, sia necessario adottare misure preventive. Il rischio è però quello di marginalizzare gli utenti che hanno personalizzato i loro dispositivi, oltre a complicare la vita a numerose app che forniscono servizi migliorati, come la riproduzione in background di contenuti su piattaforme come YouTube senza interruzioni pubblicitarie.
Le app più semplici, che si limitano ad essere WebView con adblocker incorporato, potrebbero essere le prime vittime di questa politica. E persino soluzioni più elaborate come YouTube Vanced potrebbero dover rivisitare i loro metodi per adeguarsi alle nuove difese imposte da Google.