Google dovrà pagare 39,9 milioni di dollari allo stato di Washington per risolvere una causa relativa al tracciamento della posizione, nella quale si sostiene che l’azienda ha ingannato i consumatori sulle sue pratiche di localizzazione. La causa, intentata nel 2020 dal procuratore generale di Washington Bob Ferguson, sosteneva che Google continuava a tracciare la posizione degli utenti anche dopo che questi avevano disattivato la localizzazione nelle loro impostazioni, violandone la privacy.
Google ha negato di aver commesso illeciti, ma ha accettato di patteggiare per evitare i costi di un processo. Nell’ambito dell’accordo, Google dovrà apportare modifiche alle sue pratiche di tracciamento della posizione, tra cui garantire una maggiore trasparenza sulle modalità di raccolta e utilizzo dei dati relativi alla posizione. I 39,9 milioni di dollari che l’azienda dovrà versare allo Stato di Washington saranno utilizzati per finanziare programmi di educazione alla privacy e di applicazione della legge.
Questo accordo è una vittoria per i sostenitori della privacy dei consumatori ed è anche un promemoria del fatto che anche le più grandi aziende tecnologiche non sono al di sopra della legge. In ogni caso questa non è certamente la prima multa che l’azienda si trova a pagare tanto meno si tratta della prima causa. Per la stessa tematica, Google aveva già accettato di pagare 391,5 milioni di dollari per risolvere le accuse mosse da 40 procuratori generali. Ha poi accettato di pagare 85 milioni di dollari all’Arizona per risolvere una causa che la vedeva accusata di tracciare gli utenti per annunci pubblicitari mirati anche dopo che avevano disattivato le impostazioni dei dati di localizzazione e, più di recente si è accordata per versare 8 milioni di dollari allo stato del Texas per pubblicità ingannevole sui Pixel 4 avendo fatto credere che gli annunciatori radiofonici avessero utilizzato gli smartphone Pixel 4 e Pixel 4 XL, quando in realtà non era vero.