Il gruppo per i diritti digitali noyb, guidato dall’attivista per la privacy Max Schrems, ha preso di mira Fitbit per presunte violazioni del GDPR. Ecco le implicazioni di questa nuova sfida legale nel panorama della tecnologia.
Fitbit si trova ora sotto la lente d’ingrandimento per presunte violazioni del GDPR. A portare alla luce questi presunti problemi è “noyb”, l’acronimo di “None of Your Business”, un influente gruppo per i diritti digitali nato sotto l’egida dell’avvocato e attivista per la privacy Max Schrems. Con una missione chiaramente delineata, quella di far rispettare la normativa GDPR dell’Unione Europea, noyb ha costruito negli anni una solida reputazione nel chiamare a raccolta i giganti della tecnologia su presunte mancanze legate alla privacy.
Nel corso degli anni, noyb ha mirato a giganti come Google e Meta, e ora, Fitbit, acquisita da Google nel 2021, è entrata nel loro radar. Secondo una dichiarazione rilasciata dal gruppo il 31 agosto, la società avrebbe posto agli utenti nuovi un aut aut: acconsentire al trasferimento dei dati al di fuori dell’UE o vedersi negare l’accesso. La pecca? Ai consumatori non viene data la possibilità di ritirare il proprio consenso. L’unico modo per interrompere tale trasferimento sarebbe cancellare completamente il proprio account.
L’avvocato Maartje de Graaf, specializzato in protezione dei dati e membro di noyb, ha illustrato ulteriormente la problematica sottolineando l’assurdità della situazione: dopo aver acquistato un prodotto Fitbit, spesso con un investimento significativo, e sottoscritto un abbonamento a pagamento, l’utente si ritrova costretto ad accettare condizioni che potrebbero non essere pienamente conformi al GDPR. Il dilemma diventa ancor più evidente se si considera la perdita di dati fondamentali, come allenamenti e dati sanitari, nel caso in cui un utente decida di cancellare il suo account. Un dilemma amplificato per coloro che hanno sottoscritto un abbonamento annuale premium, al costo di 79,99 euro.
La posta in gioco per Google e Fitbit potrebbe non limitarsi alla sola immagine e reputazione. Se le autorità competenti dovessero stabilire la colpevolezza dell’azienda, basandosi sul fatturato dello scorso anno di Alphabet, la multa potrebbe arrivare fino a un importo sconcertante di 11,28 miliardi di euro.
Questo episodio mette in luce l’importanza crescente della privacy e della protezione dei dati nell’era digitale e sottolinea l’importanza di un approccio responsabile e trasparente da parte delle aziende nel gestire i dati dei propri clienti. La situazione Fitbit dimostra che, nonostante l’entrata in vigore del GDPR sia avvenuta cinque anni fa, le sfide legate al rispetto di tale normativa sono ancora lungi dall’essere risolte. La questione ora rimane: quale sarà la prossima mossa di Google e Fitbit in risposta a queste accuse? E come reagirà il mercato a questa nuova ondata di preoccupazioni sulla privacy?