Documenti riservati rivelano che Facebook ha spiato Snapchat per anni con un progetto chiamato Ghostbuster. L’obiettivo era decriptare il traffico di rete dell’app e carpire i segreti del suo successo.
Quando Snapchat ha debuttato nel mercato dei social network nel 2011, non ha impiegato molto a diventare un fenomeno tra i giovani. L’app, lanciata principalmente da Evan Spiegel, ha catturato l’attenzione di utenti e concorrenti, inclusa Facebook, leader indiscusso del settore all’epoca. Negli anni, Facebook ha tentato di replicare alcune delle caratteristiche distintive di Snapchat, come i messaggi effimeri e gli Avatar, simili ai Bitmoji di Snapchat, evidenziando una chiara intenzione di competere con l’app dal logo a forma di fantasma.
Ora, una recente causa legale tra gli utenti e Meta (precedentemente noto come Facebook) ha gettato luce su tentativi più oscuri e controversi di Facebook di sconfiggere Snapchat. Documenti riservati diventati di dominio pubblico durante il processo hanno svelato l’esistenza di Ghostbuster, un progetto segreto avviato nel 2016 con l’obiettivo di intercettare e decifrare il traffico di rete tra gli utenti di Snapchat e i server dell’app.
L’ambizione dietro Ghostbuster era quella di analizzare il comportamento degli utenti su Snapchat per comprendere meglio i segreti del suo successo. L’iniziativa, guidata da un’idea proposta direttamente dal CEO di Meta Mark Zuckerberg, avrebbe richiesto lo sviluppo di strumenti specifici capaci di aggirare i meccanismi di crittografia non solo di Snapchat ma anche di Amazon e YouTube.
Il veicolo scelto per questa operazione di sorveglianza è stato Onavo, un servizio VPN gratuito acquisito da Facebook nel 2013. Sebbene presentato come uno strumento per proteggere la privacy degli utenti, Onavo è stato regolarmente accusato di agire come un dispositivo di data mining a favore di Facebook. La controversia ha raggiunto il suo apice quando un’inchiesta giornalistica del 2019 ha rivelato che Facebook pagava gli adolescenti per usare Onavo, consentendo all’azienda di monitorare segretamente le loro abitudini online.
In base ai documenti processuali, i team di Onavo hanno sviluppato kit specifici per Android e iOS che permettevano di intercettare il traffico da sottodomini specifici e decifrarlo, rivelando informazioni altrimenti protette dalla crittografia. Non tutti all’interno di Facebook erano a bordo con l’iniziativa Ghostbuster. Figure chiave come Jay Parikh, ex responsabile dell’ingegneria delle infrastrutture, e l’ingegnere della sicurezza Pedro Canahuati hanno espresso la loro opposizione, specificando le implicazioni etiche e i rischi per la privacy.