Il fenomeno dei ricatti deepfake, o sextortion, è in aumento e il Federal Bureau of Investigation statunitense ne ha preso atto. Il fenomeno si sta sviluppando a tal punto che l’agenzia ha pubblicato una pagina speciale sul suo sito web per informare il pubblico.
I primi deepfake generati dall’intelligenza artificiale hanno iniziato a comparire sul web nel 2017. Da allora, l’intelligenza artificiale generativa è stata democratizzata e gli strumenti di creazione di contenuti, come Midjourney, sono sempre più numerosi. L’FBI sostiene che nell’aprile 2023 si è registrato un aumento significativo del numero di vittime di ricatti deepfake.
Alcuni utenti di internet molto malintenzionati utilizzano strumenti di intelligenza artificiale per creare montaggi pornografici a partire da foto o video postati dalle loro vittime sulle reti. Se questi malintenzionati sono motivati dal richiamo del denaro, inviano le loro “creazioni” direttamente alle vittime a scopo di “sextortion” o di molestie. Secondo l’FBI, a volte commettono questo reato per puro stupore. Vogliono ottenere nudi reali in cambio della promessa di non mettere mai online i deepfake.
A tutti coloro che non vogliono trovarsi in una situazione simile, l’FBI dà un consiglio di buon senso: non pubblicare le proprie foto su internet. È molto più facile a dirsi che a farsi, in un mondo in cui si stima che ogni giorno su WhatsApp gli utenti si scambino quasi 7 miliardi di immagini.
La soluzione ai ricatti e alle molestie deepfake potrebbe essere legale. In Italia esiste una legge che stabilisce che “la pubblicazione, con qualsiasi mezzo, del montaggio realizzato con le parole o l’immagine di una persona senza il suo consenso è punibile con tre anni di reclusione e una multa fino a 6.000 euro”. A prescindere dalla severità della pena, per le vittime di questo ricatto il danno è già stato fatto. Una volta che i deepfake sono online, rimuoverli o impedirne la diffusione non è un compito facile.