Durante la Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità (COP15) a Montreal quasi 200 Paesi hanno trovato un accordo per proteggere il 30% delle terre e degli oceani del pianeta entro il 2030. Gli unici a non aderire all’accordo sono stati gli Stati Uniti e il Vaticano, anche se l’amministrazione Biden ha un piano nazionale per conservare il 30% delle terre e delle acque statunitensi entro il 2030.
Con l’accordo, ogni Paese partecipante si impegna a raggiungere oltre 20 obiettivi ambientali entro 2030. Condizione fondamentale è il “piano 30×30”, che prevede la protezione di almeno il 30% della terra, delle acque interne e delle aree costiere entro il 2030.
Oltre alla protezione degli habitat, le nazioni si sono impegnate a ridurre i rischi dei pesticidi del 50%, a ridurre il deflusso dei nutrienti dalle aziende agricole e il tasso di introduzione delle specie invasive negli ecosistemi.
Le nazioni hanno otto anni di tempo per fermare la perdita di biodiversità causata dalle azioni dell’uomo. Gli accordi raggiunti in precedenza non hanno visto il raggiungimento degli obiettivi per questo è stato stabilito anche un quadro di monitoraggio per tenere traccia dei progressi.
Oltre a proteggere le specie, la bozza di accordo della COP15 esorta le nazioni a riconoscere e rispettare “i diritti dei popoli indigeni e delle comunità locali, anche sui loro territori tradizionali“.
Un punto di disaccordo è stato quello dei fondi tra Paesi ricchi e poveri. Secondo il Washington Post, le nazioni del Sud America e dell’Africa volevano garanzie dai Paesi ricchi che avrebbero ricevuto fondi per combattere il bracconaggio, la deforestazione illegale e altri problemi. A un certo punto dei negoziati, i delegati dei Paesi in via di sviluppo hanno abbandonato i colloqui per questioni di finanziamento.
L’accordo deve “allineare le risorse e le ambizioni“, ha dichiarato il ministro dell’Ambiente della Colombia, Susana Muhamad.
L’accordo della COP15 fa seguito alla svolta della conferenza sul clima COP27, che ha approvato un fondo per i danni climatici per i Paesi in via di sviluppo. Bisogna però sempre vedere quanto del piano sarà attuato.