Nonostante l’emergenza climatica, solo 57 aziende sono responsabili dell’80% delle emissioni di CO2 globali. Il rapporto del Carbon Majors Database denuncia l’inazione dei giganti del fossile che ostacola la lotta al cambiamento climatico. Serve un’azione urgente da parte dei governi e della comunità internazionale.
L’ultimo anno è stato registrato come il più caldo di sempre, con la Terra che si avvia verso un riscaldamento globale di 2,7 gradi. Nonostante ciò, i principali produttori di combustibili fossili e di cemento sembrano ignorare le implicazioni del cambiamento climatico, contribuendo attivamente al suo aggravamento. Un recente studio condotto dal Carbon Majors Database ha rivelato che appena 57 aziende sono responsabili dell’80% delle emissioni globali di anidride carbonica dal 2016 al 2022. Di queste emissioni, il 38% proviene da Stati nazionali, il 37% da entità statali, e il 25% da società in mano agli investitori.
Nonostante quasi 200 parti abbiano firmato l’Accordo di Parigi nel 2015, impegnandosi a ridurre le emissioni di gas serra, 58 delle 100 società statali e private elencate nel Carbon Majors Database hanno aumentato la loro produzione nei successivi anni. Questo dato comprende l’87% dei produttori valutati in Asia, il 57% in Europa e il 43% in Nord America, secondo il Climate Accountability Institute che ha lanciato Carbon Majors nel 2013 con l’obiettivo di responsabilizzare i produttori di combustibili fossili.
L’aumento dell’8% del consumo di carbone negli ultimi sette anni, che ha raggiunto le 8,3 miliardi di tonnellate – un record – è un chiaro indicatore che la tendenza non sta rallentando. Tra i maggiori produttori di anidride carbonica si annoverano Coal India, la compagnia energetica statale russa Gazprom e la compagnia petrolifera statale Saudi Aramco, con quest’ultima e altre simili che continuano a registrare profitti miliardari mentre negano il problema climatico e ostacolano le politiche per il clima.
Negli Stati Uniti, la Exxon Mobil si distingue come il maggiore contributore alle emissioni globali di anidride carbonica, con una quota dell’1,4%. Tzeporah Berman, direttore del programma internazionale di Stand.earth e presidente del Fossil Fuel Non-Proliferation Treaty, critica aspramente queste aziende per i loro ingenti investimenti in campagne pubblicitarie che le dipingono come parte della soluzione sostenibile, mentre parallelamente incrementano l’estrazione di combustibili fossili.
I risultati di questo report sottolineano l’urgente necessità di un’azione governativa decisa contro queste compagnie e l’avvio di una nuova cooperazione internazionale attraverso un Trattato sui Combustibili Fossili. L’obiettivo è porre fine all’espansione dei combustibili fossili e assicurare una transizione equa verso soluzioni più sostenibili, per contrastare il cambiamento climatico e proteggere il futuro del nostro pianeta.